Noi infatti non annunciamo noi stessi, ma Cristo Gesù Signore: quanto a noi, siamo i vostri servitori a causa di Gesù. E Dio, che disse: "Rifulga la luce dalle tenebre", rifulse nei nostri cuori, per far risplendere la conoscenza della gloria di Dio sul volto di Cristo.
Noi però abbiamo questo tesoro in vasi di creta, affinché appaia che questa straordinaria potenza appartiene a Dio, e non viene da noi. (2Cor 4,5-7)

domenica 25 settembre 2011

Cammino di una comunità cristiana


Ritratto di una comunità cristiana, ossia la comunità che rende visibile Cristo per la gioia del mondo.

1. calore umano, conforto vicendevole, sentimenti di amore e di compassione reciproca… son già grandi cose ma è solo l’inizio. C’è di più…
2. Un medesimo sentire, una stessa carità fondata sulla concordia e unanimità. Qui si inizia a far sul serio, non è più solo questione di sentimenti, c’è una stabilità nell’unione che coinvolge anche le opinioni, un’unanimità in cui si rimane, si dimora stabilmente. Un’obbedienza amorevole e impegnativa. E non finisce qui!
3. Niente confronti, rivalità o vanto personale, ma ciascuno considera gli altri superiori a sé, più importanti, e così non cerca il proprio interesse ma anche quello degli altri.
Accidenti! Qui siamo ad altezze che cominciano a dare le vertigini: su andiamo, a chi non piace sentirsi ringraziare e lodare? Suvvia, non sarà mica un peccato grave! No, ma è pericoloso, perché quando ti lodano ti fanno venir la tentazione di considerarti meglio degli altri, mentre la Parola di Dio comanda di considerare gli altri superiori a sé. Ehi, e l’autostima? Oggi tutti i “maestri” predicano l’autostima come primo comandamento per la salute mentale e per la riuscita della vita. E qui Gesù me la butta nel cestino? No! Si tratta di stimare tutti, di ascoltare con attenzione anche il più tontolone, di avere una santa ironia verso sé stessi, una libertà dal giudizio che rende la vita leggera da portare! E così si inizia a volare…
4. … fino all’apice del cammino, che l’Apostolo non riesce a dire in altro modo se non con questo canto:
Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù:
egli, pur essendo nella condizione di Dio,
non ritenne un privilegio
l’essere come Dio,
ma svuotò se stesso
assumendo una condizione di servo,
diventando simile agli uomini.
Dall’aspetto riconosciuto come uomo,
umiliò se stesso
facendosi obbediente fino alla morte
e a una morte di croce.
Per questo Dio lo esaltò
e gli donò il nome
che è al di sopra di ogni nome,
perché nel nome di Gesù
ogni ginocchio si pieghi
nei cieli, sulla terra e sotto terra,
e ogni lingua proclami:
«Gesù Cristo è Signore!»,
a gloria di Dio Padre. 

domenica 18 settembre 2011

Chiamati perchè bisognosi...


“Venite anche voi a lavorare nella mia vigna”.

Ma come, Signore? Non avevi  già il numero sufficiente di lavoratori scelti al mattino? E che te ne fai di chi lavora un’ora soltanto verso sera?
Una volta ho udito il Vescovo parlare così a un incontro di catechisti: “Il Signore non chiama a fare i catechisti per il bisogno dei ragazzi, ma perché è il catechista ad averne bisogno per la propria salvezza. E così è per ogni vocazione”.
Molte volte si parla della vocazione, come se Dio non potesse fare senza il nostro aiuto. Si parla così, forse, perché le persone non si muovono se non si sentono gratificate, importanti, indispensabili; hanno bisogno di sentirsi protagonisti, di sentirsi chiamati perché migliori…
Ma in realtà non è così: se Dio ci chiama è perché ne abbiamo bisogno (forse più di altri), altrimenti ci perderemmo nel non-senso dell’ozio, nel non-senso di chi non appartiene a nessuno.

“Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente? – Perché nessuno ci ha presi a giornata! – Andate anche voi nella vigna!”

Pertanto la ricompensa è per tutti uguale. Tutti, dal primo all’ultimo, son stati assunti perché avessero di che vivere, quindi a tutti è dato secondo il loro bisogno e non secondo il loro merito. Il Signore non fa torto a nessuno, disse Santa Teresa d’Avila.